Competenze


Ci piace cucire addosso all’azienda, su misura, la nostra proposta professionale e usare l’esperienza per fornirle le competenze che rinforzino e integrino i talenti nella sua organizzazione.

  • mappatura delle competenze organizzative
  • sviluppo e gestione piani di formazione
  • modello gestione per competenza
  • erogazione formazione tecnica e trasversale
  • attività di aggiornamento professionale
  • assessment
  • cultura del feedback
  • coaching individuale e di Team
  • formazione finanziata

Non basta saper fare bene una certa cosa. “Competenza” significa essere capaci di andare con gli altri verso una direzione ( dal latino cum petere: andare insieme, mirare ad un obiettivo comune).
Senza, una prestazione professionale non può essere di qualità. Con le competenze, invece, le persone realizzano gli obiettivi organizzativi. 

Fa parte del nostro mestiere mettere in luce i saperi di tutti gli attori del terzo settore: li aiutiamo a sviluppare le loro professionalità. Progettiamo e realizziamo insieme formazione e affiancamenti per formazione atti a sviluppare e/o rafforzare competenze.

Di cosa parliamo quando parliamo di competenze

Secondo la definizione classica di Spencer&Spencer, la competenza 

  • è una caratteristica intrinseca individuale
  • è la causa di una performance più efficace o superiore
  • si applica in una mansione o in una situazione
  • è misurata sulla base di un criterio prestabilito

Secondo Guy le Boterf e la scuola francese è un insieme di saperi: sapere, saper fare, saper essere. Ovvero: conoscenza, abilità, comportamento:

  • so di quella cosa,
  • la so agire,
  • so anche essere colui che la fa: cioè sono a mio agio mentre la faccio, so spiegarla al resto del team, so adattarmi a imprevisti e variabili, mi piace crescere seguendone l’evoluzione e le diramazioni.

Per fare la mappa, devi vedere il labirinto dall’alto

Un’impresa, al fine di migliorare la struttura organizzativa, dovrebbe avere ben chiare le competenze necessarie per la realizzazione dei propri obiettivi, creando mappe precise e dettagliate: è solo così che si possono poi verificare quelle già possedute e quali, invece vanno ancora inserite nel contesto. 

Questa è la teoria, ma è facile a dirsi, difficile a farsi. 

Perché queste mappe di solito vengono disegnate dall’interno e, spesso, vediamo che sono provvisorie e contingenti.
Il motivo è ovvio: quando sei nel labirinto delle decisioni quotidiane succede che incontri certe lacune o inadeguatezze e te ne accorgi; allora pensi: ci manca quella figura professionale, ci vorrebbe quella competenza… Ma probabilmente se i lavori di squadra fossero strutturati in modo nuovo e aggiornato intorno a competenze specifiche (spesso innovative con nuovi strumenti) il processo generale cambierebbe: ci si accorgerebbe di lacune e opportunità di tipo diverso.
Morale: quando cercate di disegnare questa mappa da soli (standoci dentro, nel labirinto )  vi accorgete che è difficile e poco efficace, perché il risultato propone rimedi per continuare a lavorare nella maniera precedente, appena un po’ meglio: parte dai limiti (non di rado dagli aspetti negativi delle performance individuali) e fatalmente mette gli obiettivi davanti le persone. Invece se si integra la percezione interna con una visione dall’esterno (è questo il mestiere di noi professionisti) ecco la visione del labirinto dall’alto.
Non è una descrizione tecnica “calata dall’alto”, al contrario: è lo strumento prezioso per i decisori interni (anche dove si decide assemblearmente) per orientarsi e decidere come impostare il processo lavorativo nel suo insieme. Si inverte la questione: si parte dalle persone, in positivo, e dalla loro progressiva adeguatezza verso gli obiettivi condivisi del cum petere.
Il risultato sono, di solito, innovazioni di processo più radicali ma meno costose, sia in termini economici che in gradimento e facilità delle persone ad adeguarsi a nuovi ruoli, mansioni e flussi lavorativì.

La stima delle persone

Il punto chiave è, dunque, creare mappe realistiche

  • delle esigenze organizzative
  • delle persone presenti da valorizzare e far crescere
  • delle persone nuove da trovare e inserire in organico. 

L’acquisizione delle competenze può avvenire immettendo nuovo personale e/o facendo crescere quello interno. 

Affinché la descrizione delle competenze in essere nei soggetti sia obiettiva e aderente alla realtà, sono necessarie attività di assessment. 

Assessment deriva dall’inglese to assess, che significa valutare, stimare, accertare il valore.
Non vogliamo che sia percepito come un giudizio, una spada di Damocle che minaccia biasimo o demansionamento. Piuttosto come occasione per valorizzarsi.
Comunque l’’assessment non esprime né opinioni né giudizi: è una strategia obiettiva di valutazione che, attraverso diversi strumenti e osservazioni incrociate da parte di esperti di settore, permette di arrivare a descrivere e a concordare con l’interessata/o il profilo professionale reale, sia per competenze, sia per comportamenti.

Percorsi formativi

Prendiamo il termine alla lettera: sono percorsi, tragitti da percorrere in un certo tempo in cui si incontrano nuove esperienze, cognizioni, abilità e coscienza dei propri sforzi.
Si chiama formazione non perché ti vuole de-formare, ma anzi perché ti aiuta ad essere meglio te stesso, in forma. Quindi l’addestramento a specifici skill non è formazione, o ne è solo una piccolissima parte.

I percorsi formativi permettono sia di accrescere le competenze esistenti sia di produrne di nuove.
I piani formativi devono aderire al principio di realtà. Contrariamente a quanto si pensava qualche decennio fa, non tutti possono, devono o vogliono fare tutto: lo sviluppo delle abilità individuali, pur mantenendosi in linea con le esigenze organizzative, avviene positivamente se asseconda e dà valore alle attitudini e alle capacità della persona. 

Non funziona rafforzare costantemente il singolo in modo generico su ogni abilità, è meglio creare la capacità di lavorare in Team, col senso dell’interdipendenza: dove non arrivo io, arriva il collega. 

Così la gestione delle competenze cambia natura: non è più un modello dove l’interscambiabilità è fondamentale (serve quanto basta a garantire un back-up sul servizio) e diventa un modo organizzare (e di facilitare l’auto-organizzazione) che funziona molto bene nel dialogo tra le diverse fasi dell’attività professionale nel percorso lavorativo. 

Per intenderci: gestire le competenze significa che quelle declinate per la selezione, sono le stesse che vengono poi valutate nella prestazione, che sono identiche a quelle stesse che permettono di stabilire il piano retributivo e quelle da cui partire per i percorsi di carriera, e via di seguito.

Coaching: metodologia consolidata per consolidare

È un modo ormai diffuso e sperimentato per consolidare, rafforzare e accrescere i propri saperi.  Può essere svolto in modo individuale o sul Team, per creare e rafforzare il sapere di gruppo.

Cultura del feed-back

Gestire le competenze significa anche attivare in azienda la cultura del feed-back.

Significa che ogni cosa che fai diventa un’esperienza per farla meglio. Implica un’osservazione attenta e un ascolto attivo, oltre alla disponibilità a ricevere e dare continui rimandi. Ciò permette libera espressione e circolazione delle idee, oltre al miglioramento continuo sia del fare che dell’essere.

Soft skills (che soft non sono affatto)

Saper comunicare, saper guardare criticamente le cose, percepirle in modo positivo, saper lavorare in squadra, sentire l’etica del lavoro con responsabilità e leadership diffusa…
Non sono competenze “nuove” ma nel mondo complesso, digitale e interconnesso sono diventate indispensabili; nel mondo meccanico e gerarchico dei secoli scorsi erano malconsiderate: per molti capi erano un fastidioso impiccio.
Le chiamano soft per separarle da quelle hard ( usare un tornio, scrivere in inglese, listare un software…) ma siamo qui a dire che non sono affatto leggere: nel funzionamento dell’azienda esercitano un peso enorme, specialmente quando mancano. Siccome sono valide per più ruoli, andrebbero piuttosto definite trasversali

Aggiornamento continuo

In un mondo che cambia restare fermi non è stasi, è senescenza.
L’aggiornamento continuo può essere un momento gradito ed evolutivo, che fa sentire la persona valorizzata e più capace.
Vediamo invece che talvolta ci sono corsi, inclusi quelli obbligatori per legge (anche in settori sensibili alle innovazioni e su temi spesso importantissimi) che -ahinoi! – spesso vengono propinati a distanza con sproloqui demotivanti e powerpoint tautologici, che gli allievi seguono in modo molto distratto. 

Per le aziende investire in formazione significa investire sul proprio futuro. Aggiornare, migliorare, aumentare le competenze è un’azione strategica importante in quanto significa aumentare l’efficacia e l’efficienza, creare ben-essere in azienda e, se conseguente a un reale bisogno, trarre profitti dal proprio investimento. 

Costruiamo percorsi formativi sulle specifiche esigenze dell’azienda e delle persone che fanno parte del progetto, avendo cura di misurare i risultati raggiunti, con metodologia sempre esperienziale, mai da didattica frontale

Chi si aggiorna lavora più volentieri

Mirate ricerche hanno messo in luce che le persone che possono usufruire di tali percorsi sono maggiormente stimolate, più fidelizzate all’Organizzazione, lavorano meglio. 

Per contro: quando sentono di non avere tutte le caratteristiche per svolgere adeguatamente il ruolo, avvertono un senso di ansietà che inficia il risultato del loro lavoro.

Come attingere ai fondi per la formazione

Molte aziende italiane conoscono poco e male i Fondi per la formazione che permettono di finanziarsi, spesso in modo totalmente gratuito, le attività previste in tal senso. 

È un vero spreco di opportunità, specialmente nel terzo settore dove non ci si può più permettere di perdere certi treni.
Farsi aiutare da noi professionisti è un lavoro che si paga da solo, spesso quello che manca è solo il “tempo per pensarci”.
Noi siamo tranquillamente in grado di supportare l’organizzazione nella ricerca e nell’utilizzo di Fondi per una formazione finanziata.

Anche noi abbiamo la nostra mappa delle competenze

Abbiamo già detto che possiamo creare la Mappa delle competenze organizzative, comprendere quali sono quelle già presenti nella vostra organizzazione e quali i gap da colmare.Per farlo sviluppiamo un tipo di Assessment ad hoc per le Organizzazioni, collaudatissimo anche nel terzo settore.
Significa che non trasferiamo pedissequamente metodi, criteri e “scuole” pensate per il mondo profit. Al contrario conosciamo (e ne siamo parte) l’universo che non appartiene né allo stato né al mercato: ne riconosciamo da decenni i punti di forza e di debolezza.
Per questo ci avvaliamo di persone autorevoli del mondo della consulenza e accademico, di consolidata esperienza al fine di offrire un risultato utile e obiettivo: la fotografia reale di ciò che serve, il coaching, il team coaching, la feed-back culture, la selezione, la formazione in servizio (incluso il supporto per farsela finanziare) che si innestano sulle generali attività di HR sui talenti per l’organizzazione.


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